La torre normanna di Tricarico è una torre che costituiva il cosiddetto maschio del castello del quale faceva parte. Venne dichiarata monumento nazionale nel 1931. Alta 27 metri con pareti che superano in diversi punti i 5 metri di spessore orlata di beccatelli caditoie ed archetti di coronamento si sviluppa su 4 livelli e svetta sulla parte sommitale di un costone roccioso sul quale è edificato il quartiere Monte. La torre costituiva il cosiddetto maschio del castello del quale faceva parte. Il solo castello venne donato alle Clarisse suore di clausura nel 1333 per farvi un convento mentre la torre continuò ad avere una funzione militare fino al Seicento in quanto inserita nel sistema difensivo della città fortificata. Il castello posto all estremo margine sud della città venne ceduto alle Clarisse a seguito del trasferimento dei feudatari in un nuovo castello oggi palazzo ducale collocato al centro dell abitato. In epoca angioina venne costruita alla sua base una scarpa per rafforzarne le capacità di difesa. I visitatori giunti sulla sommità e posizionandosi sulla pietra centrale della superficie possono sentire la propria voce risuonare come in una caverna pur in assenza di pareti. Anche intorno a questo monumento aleggia una leggenda secondo la quale da questa torre si sia uccisa una monaca. Oscuro è il nome della donna che un giorno a tarda notte decise di porre fine alla sua vita buttandosi da questi tanti metri d’altezza facendo così dividere in due il suo corpo. La vicenda dunque narra che potete farle visita ogni giorno solo allo scoccare della mezzanotte.
Era il 1983 quando Constantin Udroiu dissidente politico romeno e massimo esponente della pittura espressionistica bizantina contemporanea avverso alla politica accentratrice del dittatore Nicolae Ceau escu in esilio in Italia arriva a Satriano di Lucania su invito del Sindaco. Sono gli anni del post terremoto e l’Amministrazione Comunale dell’epoca sentiva l esigenza di ricostruire non solo le strutture distrutte dal sisma ma lo stesso tessuto sociale. Vi era la necessità di tornare a vivere e a ritrovare l entusiasmo della quotidianità l entusiasmo del riscatto. L amministrazione comunale nel riaffermare l onore il prestigio e nel promuovere l’immagine dell insigne compaesano Giovanni De Gregorio pittore tra i più brillanti del 1600 e protagonista del manierismo napoletano e nel rilanciare l attrattiva del borgo dà vita ad una delle più belle esperienze artistiche uniche in tutto il meridione d’Italia. Di fronte ad una parete di una nicchia posta in prossimità del centro storico Udroiu stende la sua prima linea di colore e realizza il primo murale della storia di Satriano: un Cristo seminatore in stile bizantino immerso nel contesto del panorama delle campagne satrianesi. Un iniziativa che ha visto sin da subito la collaborazione dell’ARPEC Associazione Arte per comunicare la cui coordinatrice la critica d’arte Marisa Russo venne chiamata per lo studio e l’attuazione. In quegli anni iniziò un lavoro che attirò l’attenzione anche delle testate giornalistiche nazionali tanto che arrivarono a definire Satriano come la capitale dei Murales del Mezzogiorno. Nel giro di pochi anni Satriano iniziò così a colorarsi di opere disegnate sulle facciate di case e palazzi a tracciare un viaggio per immagini nel tempo e nella memoria del borgo infatti queste vere e proprie opere d’arte raccontano il fascino di una terra ricca di leggende e credenze magiche e svelano la storia e il carattere di un popolo e della sua cultura. Nel paese oggi si contano circa 400 opere realizzate da artisti locali e non solo. Le tecniche di realizzazione sono tra le più innovative che garantiscono una resistenza nel tempo della qualità delle opere. A partire da maggio 2021 i Murales di Satriano appartengono al Museo a cielo aperto dei dipinti murali di Satriano di Lucania istituto dalla giunta comunale come luogo di cultura pubblica permanente .
Rotondella in provincia di Matera rientra tra i borghi più belli d’Italia e la sua particolarità è senza dubbio il centro storico che si snoda a spirale in un dedalo di vicoli collegati tra loro da cunicoli e gradinate. Tutto intorno antiche abitazioni settecentesche con ampi balconi e decorazioni in pietra lavorata. Suggestive sono le Lamie di Bitonte archi a volta in pietra di origine seicentesca che sorgono sotto il calpestio del palazzo della famiglia Bitonte. Il Palazzo Rondinelli invece risale alla fine del XVI sec. e venne costruito dalla famiglia Agnesi. Il palazzo era dotato di una torre oggi conosciuta come Torre del Carcere e un ponte di legno collegava le due strutture e aveva un’importante funzione difensiva contro gli attacchi dei Turchi. L angolo estremo del Palazzo è abbellito dallo stemma di famiglia: due spade disposte a croce di S.Andrea con le punte rivolte verso il basso. Del palazzo oggi resta il portale monumentale dell ingresso con lo stemma della famiglia Agnesi dei Doria e l aquila bicipite. La Torre del Carcere è ciò che rimane della torre di avvistamento fatta costruire nel 1518 dal principe di Salerno Ferrante Sanseverino. Intorno a questo forte fu costruito il palazzo baronale dove vivevano gli ufficiali del principe e intorno al quale si raccolsero i primi abitanti attratti dalla possibilità di ottenere un pezzo di terreno da coltivare. Del palazzo costruito dal Sanseverino rimane nella sua integrità la torre del carcere poich il resto della costruzione è stato abbattuto e ricostruito nei primi anni del 900. Nel 1900 è stato carcere mandamentale dove i detenuti scontavano le pene minori o gli ultimi mesi di detenzione. Il carcere era diviso in due parti una destinata alle donne e un’altra per gli uomini e poi una parte per il custode. Recentemente restaurata è ora adibita a biblioteca comunale ed archivio storico ed è possibile ammirare dalla cima della torre uno splendido panorama con visione a 180 della costa ionica.
La Rabatana è il più antico rione della città di Tursi ed è stato il primo nucleo abitativo di Tursi ed è letteralmente circondato per ogni lato da profondi e inaccessibili burroni. Intorno alla metà del V secolo i Goti costruirono il Castello attorno al quale sorsero le prime case in pietra e si costituì il nucleo primordiale di Tursi che crebbe a seguito dello spopolamento di Anglona ora frazione di Tursi . Verso l anno 850 la zona fu abitata dai Saraceni che lasciarono profonde tracce nell architettura e nel dialetto locale. A ricordo dei loro villaggi arabi i Saraceni denominarono il luogo Rabatana da Rabat o Rabhàdi o Arabum. La Rabatana per l ottima posizione di difesa continuò a ingrandirsi anche sotto il dominio bizantino che nell 890 scacciarono i Saraceni. Fino alla metà del XIX secolo è stato un centro popolato e importante custode di tradizioni e propulsore di cultura. La Rabatana è diventata meta turistica soprattutto per via del poeta Albino Pierro che ha fatto della Rabatana la fonte ispiratrice della sua poesia. La Rabatana di Tursi è una meta molto affascinante dal punto di vista storico paesaggistico e culturale infatti in questo quartiere possiamo individuare diversi punti di notevole interesse come la Gradinata della Rabatana una strada panoramica molto ripida di circa 200 metri a strapiombo sui burroni sottostanti. Carlo Doria nipote di Andrea Doria signore di Tursi nel 1600 la fece costruire a sue spese al posto di un pericoloso viottolo con lo stesso numero di gradini di un suo Palazzo a Genova che in seguito denominò Palazzo Tursi’. La Chiesa di Santa Maria Maggiore risalente al IX secolo fu ricostruita sul vecchio edificio attorno al 1546. Infine il Castello Gotico al centro della Rabatana: si tratta di resti e non di un castello perfettamente conservato. Alcuni scavi abbastanza recenti hanno portato alla luce resti e testimonianze importanti e significative sulla storia di questo primo insediamento.
Edificio molto singolare per gli abitanti del comune lucano è noto come il carcere . Esso si presenta come una fortezza su due livelli con mura di cinta e feritoie. Edificato nel XVI sec. secolo come Grancia del convento di frati francescani di S.Maria degli Angeli di Atella per lungo periodo fu adibito a carcere prima dai Borboni poi dallo Stato. Dopo alcune opere di consolidamento e restauro la struttura ospita oggi molte manifestazioni culturali ed è sede del Museo del Brigantaggio. Il piano terra ospita una biblioteca con volumi sul brigantaggio nella ex cella dei detenuti ammalati c’è uno spazio proiezioni e dibattiti. Al primo piano la sala Briganti e nell’ex cella per le detenute donne un’ampia sezione dedicata alle brigantesse. Gli spazi dove erano rinchiusi i detenuti per piccoli reati ospitano invece la sala intitolata a Carmine Donatelli Crocco tra i più noti e discussi briganti italiani del Risorgimento. Infine il museo ospita la cella di rigore che raccoglie incisioni e graffiti.
Craco situata tra l’Appennino lucano e il mar Jonio e distante 50 km da Matera è una suggestiva e spettrale città fantasma. Nel 1963 una frana costrinse i suoi abitanti a rifugiarsi nel nuovo comune di Craco Peschiera e Craco vecchia ormai abbondonata è diventata negli ultimi anni una meta turistica molto amata da visitatori di ogni parte del mondo. Craco è il simbolo di come una tragedia sia stata trasformata in risorsa la morte urbanistica in vita civile la solitudine spettrale in aggregazione di massa. L’interesse di tanti visitatori ha portato alle creazione del Museo Emozionale di Craco MEC allestito nell’antico monastero di San Pietro che include una sala proiezioni e un archivio digitale storico cinematografico e della memoria. Oggi a Craco c’è anche un Atelier dell’arte e del Cinema sorto nell’ex scuola dove è possibile prendere parte a laboratori d’arte del cinema nonch degustare prodotti tipici. Vi è anche una foresteria di supporto per le attività artistiche creative. Per visitare il paese in sicurezza sono stati creati due percorsi. Dal corso principale del paese si raggiunge il centro della città fantasma: nel percorso si incontrano diversi palazzi nobiliari attorno a cui si espandeva il borgo nel XV secolo. Fra questi spicca Palazzo Grossi situato nei pressi della Chiesa Madre che presenta affreschi a motivi floreali. Un altro edificio degno di nota è Palazzo Carbone uno storico palazzo di fine Quattrocento con un monumentale ingresso. Accanto a quello che un tempo era Palazzo Maronna svetta invece il torrione del XIII secolo che domina il paese. Gli abitanti chiamano questa struttura il castello: ancora oggi è possibile ammirarne l originale portale di ingresso e la torre. Da una delle finestre del bastione è possibile ammirare il paesaggio dei calanchi. In questa città fantasma notevole è anche il patrimonio artistico religioso che si può ancora osservare come il convento francescano con annessa la Chiesa di San Pietro Principe degli Apostoli edifici che risalgono al 1630. Della chiesa è rimasta in piedi la zona dell abside. Un altra struttura religiosa molto suggestiva è la Chiesa Madre dedicata a San Nicola Vescovo che presenta un ingresso monumentale e un maestoso campanile coperto da una cupola sormontata da maioliche. A nord del paese fantasma di Craco invece si trova invece la Chiesa della Madonna della Stella della prima metà del XVII secolo: di questo edificio oggi è ancora visibile l altare maggiore in marmo intarsiato la navata il presbiterio e la facciata esterna con una porta in legno intagliato.
La struttura risale al II sec a.C. e si compone di due ambienti adiacenti individuati come spazi di un complesso termale uno semicircolare e allestito con arredi e suppellettili di epoca romana ricostruiti con tecniche di archeologia sperimentale l altro rettangolare senza copertura. L esterno per la presenza della parete muraria in opus reticulatum e opus latericium racchiude un suggestivo valore architettonico. Sotto il selciato della stradina che conduce al fabbricato venne alla luce una pavimentazione a mosaico raffigurante un mitologico mostro marino. Al di là del suo valore architettonico sulla Casa di Orazio c’è da dire che nella sua veste di dimora del grande poeta essa esercita l importante ruolo di custode della memoria storica dei venosini.
La Fontana dell’Elefante a Rotonda è solo uno dei tanti capolavori del maestro Giuseppe Di Consoli l’ultimo scalpellino di Rotonda che sin dal 700 ha vantato la presenza sul territorio di numerosi maestri scalpellini. Rotonda si può definire un museo a cielo aperto poich il centro storico è disseminato delle opere del maestro Di Consoli. Il giro delle fontane potrebbe partire dalla Fontana del Leone per poi arrivare alla Fontana del Cristo e dell’Agnello. Tutte queste opere si ispirano alla vita passata quando nel paese ogni abitante aveva un animale come asino o pecora. Proseguendo nel cammino si incontra la Fontana del Bue a rappresentare Sant’Antonio patrono del paese. Altra opera è la Fontana del Muflone ribattezzata anche fontana del Cornuto dal nome del ponte che sorge nelle vicinanze. La Fontana dell’Elefante invece risale al 1999 e nasce per due motivi in primo luogo perch quel rione era senza fontana e secondo luogo in ricordo dello scheletro di elefante che venne rinvenuto negli anni ’80 del 900. Lasciando la fontana dell’Elefante si arriva alla Fontana del Faraone risale al 2003 e ogni figura qui scolpita rappresenta il mondo si va dal saggio cinese al soldato Inca passando appunto dal potere del faraone. All’interno di questa fontana è possibile scorgere anche un coccodrillo che affiora l’acqua e una rana che viene morsa da un serpente a simboleggiare la debolezza.
I calanchi sono una delle attrazioni più importanti da vedere nel comune di Aliano in provincia di Matera. Si tratta di un fenomeno geomorfologico di erosione del terreno che si produce per l effetto di dilavamento delle acque su rocce argillose degradate con scarsa copertura vegetale e quindi poco protette dal ruscellamento: si tratta più semplicemente dei profondi solchi nel terreno lungo il fianco di un monte o di una collina. Tra il silenzio e il bianco accecante delle argille si potrà scorgere il volo dei rapaci e godere di un paesaggio bello e selvaggio.
La Gradinata Normanna si trova a Castelmezzano in provincia di Potenza nella parte delle Dolomiti Lucane che circondano il paese. Su una delle guglie dolomitiche è scavata nella roccia una particolare scala di 54 gradini che conduceva ad un posto di vedetta nei ruderi della cinta muraria dell’antico castello di Castrum Medianum cioè castello di mezzo da cui deriva il nome del paese di origine normanno sveva. Era il punto più alto dal quale la guarnigione militare sorvegliava la sottostante valle del Basento. Questa fortezza era posizionata a metà strada tra i castelli di Pietrapertosa e di Brindisi Montagna di cui oggi rimangono alcuni resti.